L’articolo 512 bis c.p. incrimina la condotta di “chiunque attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali o di contrabbando, ovvero di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli articoli 648, 648 bis e 648 ter”. In sostanza, tale norma penale sanziona la condotta di chi ingenera una situazione apparente, di fatto o giuridica, che riconduca a terzi la titolarità o la disponibilità di denaro, beni o altre utilità, al fine di sottrarli alla possibile aggressione di una misura di prevenzione ovvero al fine di agevolare la commissione dei reati di ricettazione, riciclaggio o reimpiego.
Il delitto in oggetto integra una fattispecie a concorso necessario in quanto il soggetto agente realizza l’attribuzione fittizia dei beni perché vi è un soggetto terzo che accetta di acquisirne la titolarità o la disponibilità. Tale soggetto terzo, fittizio intestatario, potrà rispondere della sua condotta, sorretta da dolo, a titolo di concorso, ex art. 110 c.p., se la condotta è antecedente l’inizio delle indagini, ovvero a titolo di favoreggiamento reale se, invece, la fittizia titolarità del bene è successiva alle indagini del reato in oggetto.
La giurisprudenza ha specificato che ai fini della sussistenza del reato non è necessario che sia pendente un procedimento di prevenzione, ma è sufficiente che l’interponente abbia consapevolezza di esser esposto al pericolo di sequestro e confisca dei propri beni per l’attività illecita compiuta, al punto da trasferirne fraudolentemente la titolarità. Per ritenere integrato il reato in oggetto, dunque, è necessario che il soggetto agente abbia contezza di essere oggetto di attenzione investigativa per reati caratterizzati dalla mafiosità, che giustificano una misura di prevenzione. Non è possibile ancorare l’elemento psicologico del reato di cui all’art. 512 bis c.p. esclusivamente all’instaurarsi di un procedimento di prevenzione, considerato che a partire da tale momento non sono più possibili, normativamente, atti di disposizione del patrimonio del proposto, diversamente l’interesse tutelato dalla norma incriminatrice sarebbe neutralizzato se fosse soltanto la conoscenza legale dell’avvio di un procedimento penale a determinare l’attribuzione della titolarità fittizia di beni di provenienza illecita (Cass. pen., sez. VI, sentenza del 24.05.2005, n° 1008).
I beni di provenienza illecita, in caso di “trasferimento fraudolento”, sarebbero, poi, assoggettabili a: 1) confisca per sproporzione, ex art. 12 sexies, d.l. 8.6.1992, n° 306, nella cui previsione è incluso quale reato presupposto anche il reato previsto dall’art. 512 bis c.p. (in questo caso sarebbero passibili di confisca tutti i beni sproporzionati rispetto ai redditi dichiarati o all’attività economica svolta, così facendo il reato di trasferimento fraudolento da apripista per la confisca di tutti i beni oggetto di sproporzione); 2) confisca diretta, ex art. 240 co. 1 c.p., in questo caso oggetto di confisca sarebbe esclusivamente il bene corrispondente al trasferimento fittizio, quale profitto del reato; 3) confisca di prevenzione, ex art. 24 D.Lgs. 6 settembre 2011, n° 159 (Codice antimafia), ancorata alla logica della confisca per sproporzione, ma slegata dall’accertamento della penale responsabilità per la commissione di reati legati alla criminalità organizzata di stampo mafioso, quindi al di fuori dell’operatività di una sentenza di condanna.
Il reato di cui all’art. 512 bis c.p. non punisce solamente il trasferimento fittizio di beni di chi vuole eludere le misure di prevenzione patrimoniali previste dalla normativa antimafia, ma anche il trasferimento fittizio di beni di chi vuole agevolare la commissione dei reati di ricettazione, riciclaggio e reimpiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, puntualizzando che tali reati costituiscono già da soli titolo per la confisca per sproporzione, ex art. 12 sexies, e confisca per equivalente, ex art. 648 quater c.p.
L’inclusione dei reati di ricettazione, riciclaggio e reimpiego nella fattispecie incriminatrice del trasferimento fittizio si spiega allargando lo sguardo al modus operandi delle organizzazioni criminali. In pratica le attività di riciclaggio e reimpiego sono la chiara manifestazione della capacità della criminalità organizzata di operare nei settori economici, essa tanto provvede all’intestazione fittizia di beni di provenienza illecita in quanto il successivo reinserimento degli stessi nel mercato “pulito” le consente di lucrare ulteriormente, attraverso attività economiche legali.
La giurisprudenza ha chiarito, poi, che i reati di ricettazione, riciclaggio e reimpiego legati al reato di cui all’art. 512 bis c.p. non giustificano un concorso apparente di norme, bensì un concorso di reati, non essendovi assorbimento. La Corte di cassazione, sez. VI, sentenza del 24 maggio 2005, n° 1008 (alla quale si uniforma la successiva giurisprudenza) chiarisce, infatti, che la condotta di trasferimento fittizio, ex art. 512 bis c.p., ha il fine di agevolare le condotte di ricettazione, riciclaggio e reimpiego, dunque, chi commette il reato presupposto, che rappresenta l’attività illecita dalla quale proviene il bene, potrà commettere anche il reato di intestazione fittizia; mentre l’altro soggetto, che fuori dal caso di concorso nel reato presupposto, sia stato concorrente necessario della condotta di fraudolento trasferimento, ricevendo fittiziamente il bene, sarà responsabile del reato di ricettazione o riciclaggio, avendo contribuito alla ripulitura ovvero al reimpiego dei beni.
In ultimo, tutte le fattispecie delittuose sopra rappresentate, oltre a cadere nell’orbita della confisca ordinaria per sproporzione, ex art. 12 sexies, e quella diretta, ex art. 240 co. 1 c.p., cedono il passo anche alla confisca per equivalente.