In tema di infortuni sul lavoro e di malattie professionali è considerato responsabile per colpa il datore di lavoro che non adotti tutte le cautele note ed idonee a ridurre o escludere il rischio, secondo quanto prescritto dall’art. 2087 cod. civ. e dalle specifiche misure prevenzionistiche dettate dal D.Lgs n° 81/2008: la condotta contraria alle clausole contrattuali, alle disposizioni legali o a qualsiasi prassi legata al buon senso, è fonte di responsabilità civile e penale ogniqualvolta vi sia stata violazione di misure di sicurezza in materia di tutela della salute nei luoghi di lavoro a danno dei prestatori di lavoro. L’art. 2087 cod. civ. pone in capo al datore di lavoro un obbligo generico di disporre tutte le misure necessarie per prevenire eventuali rischi alla salute dei propri lavoratori, anche se non esplicitamente richiamate da norme particolari (Cass. pen., sez. III, sent. 10.11.2015, n° 46979); ciò non significa che il datore di lavoro debba creare un ambiente di lavoro a “rischio zero”, attuando misure atte a prevenire eventi rischiosi impensabili o imprevedibili (circostanza che implicherebbe condanna a titolo di responsabilità oggettiva), ma almeno predisponga quelle che, nel caso concreto e rispetto alla specifica lavorazione, risultino idonee a prevenire i rischi tecnici dell’attività posta in essere. Il datore di lavoro è, dunque, titolare di una posizione di garanzia con obbligo non solo di attuare le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente sulla loro osservanza da parte dei lavoratori, perché responsabile dell’incolumità fisica di quest’ultimi (Cass. pen., sez. IV, sent. 21.10.2014, n° 4361); obbligo di tutela che non viene meno nemmeno con la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, che ha una funzione diretta a supportare e non a sostituire il datore di lavoro (Cass. pen., sez. IV, 05.04.2013, n° 50605). In mancanza del rispetto delle prescrizioni cautelari legate agli obblighi di tutela, pertanto, l’evento lesivo correttamente viene imputato in forza del meccanismo reattivo previsto dall’art. 40, co. 2, c.p. In tema di prevenzione antinfortunistica, poiché le relative norme mirano a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua negligenza, imprudenza ed imperizia, la responsabilità del datore di lavoro e, in generale, del destinatario dell’obbligo di adottare le misure di prevenzione può essere esclusa, per causa sopravvenuta (ai sensi dell’art. 41, co. 2, c.p.), solo in presenza di un comportamento del lavoratore che presenti i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute, che sia del tutto imprevedibile ed inopinabile. Per altro, in ogni caso, nell’ipotesi di infortunio sul lavoro originato dall’assenza o inidoneità delle misure di prevenzione, nessuna efficacia causale, per escludere la responsabilità del datore di lavoro, può essere attribuita al comportamento del lavoratore infortunato, che abbia dato occasione all’evento, quando questo sia da ricondurre, comunque, alla mancanza o insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio di siffatto comportamento (Cass. pen., sez. III, 6.11.2018, n° 50000). Alla luce di quanto rappresentato è possibile ritenere che, in ipotesi di violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro, al datore di lavoro possa essere riconosciuta una responsabilità penale, sarebbe quindi ragionevole, in via cautelativa, predisporre un efficace sistema di Deleghe di funzioni, una corretta adozione del Documento di Valutazione dei Rischi e un adeguato Servizio di prevenzione e protezione, al fine non solo di eliminare o minimizzare i rischi causativi di infortuni o malattie professionali, ma anche al fine di creare presidi conformi alla normativa relativa alla Responsabilità da reato degli enti, di cui al D.Lgs. 231/2001, che almeno riesca ad evitare o limitare possibili sanzioni pecuniarie e interdittive a carico della Società.